ESTENSIONE DELLA DOMANDA
Nel comune di Milano mi si chiede di creare degli appartamenti che non hanno un vano definibile come soggiorno. Infatti, pur avendo le unità immobiliari una superficie minima totale di 28mq, non si riesce ad adattare gli spazi esistenti per ottenere una metratura di 17mq che permetta di definire il vano come soggiorno/pranzo.
Risposta a cura di Avv. E. Fumagalli, Sportello Diritto Amministrativo
RISPOSTA
La disciplina relativa alle dimensioni minime delle unità immobiliari e dei singoli locali che le compongono è contenuta nel TITOLO II del vigente Regolamento Edilizio, rubricato “Conformazione e dotazione degli edifici, delle unità immobiliari e norme igieniche”.
In particolare, vengono ad evidenza gli articoli 96 e 97 rispettivamente riguardanti “CONFORMAZIONE E SUPERFICIE DEGLI ALLOGGI E DELLE ALTRE UNITÀ IMMOBILIARI” e “SUPERFICIE MINIMA UTILE DEGLI AMBIENTI”.
Dopo che l’articolo 96 ha stabilito che “l'alloggio non può avere una superficie utile inferiore a 28 mq...”, il successivo articolo 97 stabilisce che “La superficie minima utile dei locali di abitazione non deve risultare inferiore ai seguenti valori:
- camere ad un posto letto: 8,00 mq;
- soggiorno: 14,00 mq;
- soggiorno con spazio di cottura: 17,00 mq;
- cucina: 5,00 mq ...”.
La stessa norma precisa poi che “Gli alloggi devono essere dotati almeno di uno spazio di cottura”; non vi è invece una norma in forza della quale ogni unità immobiliare debba essere dotata di soggiorno.
Il limite di 28 mq., pertanto, parrebbe nascere dalla composizione di una “unità minima virtuale” costituita da una camera (8 mq.), un soggiorno con angolo cottura (17 mq.) ed un bagno (per il locale bagno non RE edilizio non fornisce una dimensione minima in termini di superficie, ma solo una lunghezza minima del lato, pari a 1,20 m.).
Il fatto che il regolamento edilizio del 2014 abbia introdotto le misure di cui sopra, non significa tuttavia che improvvisamente tutte le unità immobiliari esistenti non rispondenti a detti requisiti minimi siano improvvisamente divenute irregolari, così come non significa che, in tali ipotesi, ogni intervento su dette unità debba necessariamente consentire il raggiungimento di dette misure.
Fermo restando infatti che le norme del regolamento edilizio non hanno valore retroattivo, l’ambito di applicazione delle disposizioni contenute nel Titolo II del regolamento stesso è individuato dall’articolo 85.
Stabilisce, infatti, tale articolo che “Le norme di cui al presente Titolo devono sempre essere osservate negli interventi di nuova costruzione e sostituzione edilizia e, fatte salve le procedure previste dal successivo punto del presente Articolo, in tutti gli altri casi d’intervento sul patrimonio edilizio esistente, esse non sono vincolanti qualora l’intervento comporti un sostanziale miglioramento della situazione igienica preesistente.
Su motivata e documentata richiesta e previo parere favorevole della competente struttura sanitaria territoriale, sono ammesse soluzioni alternative a quelle previste dal presente Regolamento, purché permettano il raggiungimento dello stesso fine perseguito dalla norma regolamentare”.
Stando alla norma sopra citata, pertanto, in caso di interventi sull’ esistente, i parametri relativi alla superficie dei singoli locali non sono obbligatori, ma meramente indicativi, a condizione tuttavia che le opere comportino un sostanziale miglioramento della situazione igienica preesistente.
L’estensore del regolamento ha utilizzato l’aggettivo “sostanziale”, anche se non pare agevole porre una linea di demarcazione tra un miglioramento “normale” della situazione igienica ed uno “sostanziale”.
Spetta quindi al progettista evidenziare di volta in volta, in sede di presentazione della pratica, sotto quali profili il progetto proposto determini un “sostanziale” miglioramento della situazione igienica preesistente, e conseguentemente la regolarità della previsione di locali di estensione inferiore a quella prevista regolamento edilizio.
Aggiornata al 31/03/2020