Caratteristiche costruttive e funzionali degli edifici
  1. DIMMI
  2. Disciplina dell'oggetto edilizio
  3. Caratteristiche costruttive e funzionali degli edifici

23. Come si coniuga l’applicazione dell’articolo 97 superficie minima utile degli ambienti del vigente regolamento edilizio di Milano con le indicazioni dell’articolo 2 del DM del 05/07/1975?

Risposta a cura di Avv. E. Fumagalli, Sportello Diritto Amministrativo

Con il quesito sopra indicato si pone in evidenza la non perfetta sovrapponibilità tra l’articolo 97 del Regolamento Edilizio di Milano e l’Articolo 2 del decreto ministeriale 5 luglio 1975, norme contenenti entrambe indicazioni per quanto riguarda le dimensioni minime degli alloggi e dei relativi locali.

In particolare, le differenze cui il quesito si riferisce riguardano di fatto la superficie abitabile minima delle camere da letto singole e matrimoniali che il decreto ministeriale fissa rispettivamente in mq. 9 e mq. 14, mentre il regolamento edilizio fissa in mq. 8 e mq. 12.

Il primo problema da porsi è quindi se i regolamenti locali possano o meno contenere disposizioni in contrasto con quelle contenute nel decreto ministeriale.

Posto che nel citato decreto ministeriale non vi sono disposizioni che chiariscano in modo esplicito il rapporto tra il decreto stesso ed i regolamenti locali, è necessario esaminare il quadro normativo nel quale tale decreto è andato ad inserirsi.

Il decreto ministeriale 5 luglio 1975 è rubricato “Modificazioni alle istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 relativamente all'altezza minima ed ai requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione” ed è stato dichiaratamente assunto ai sensi dell’articolo 218 testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265 e “Considerata la necessità di apportare d'urgenza modifiche alle predette istruzioni ministeriali 20 giugno 1896 per la parte riguardante l'altezza minima ed i requisiti igienico-sanitari principali dei locali d'abitazione, in attesa di procedere all'aggiornamento della restante parte delle istruzioni ministeriali stesse”.

L’articolo 218 sopra citato prevede a propria volta che “I regolamenti locali di igiene e sanità stabiliscono le norme per la salubrità dell'aggregato urbano e rurale e delle abitazioni, secondo le istruzioni di massima emanate dal ministro per l'interno”, specificando che “detti regolamenti debbono contenere le norme dirette ad assicurare che nelle abitazioni:

a)  non vi sia difetto di aria e di luce;
b)  lo smaltimento delle acque immonde, delle materie escrementizie e di altri rifiuti avvenga in modo da non inquinare il sottosuolo;
c)  le latrine gli acquai e gli scaricatoi siano costruiti e collocati in modo da evitare esalazioni dannose o infiltrazioni;
d)  l'acqua potabile nei pozzi, in altri serbatoi e nelle condutture sia garantita da inquinamento”.

Il Legislatore ha quindi demandato espressamente ai regolamenti locali il compito di dettare le norme per quanto riguarda la salubrità delle abitazioni, regolamenti che gli enti locali dovevano predisporre sulla base delle “istruzioni di massima emanate dal ministro per l'interno”.

Al momento dell’approvazione del testo unico del 1934, le istruzioni ministeriali del 1896 erano già vigenti, per cui la norma, a posteriori, ha classificato tali istruzioni come di “massima”.    

Tali istruzioni sono rimaste invariate sino al 1975 quando, con il DM 5 luglio 1975, le stesse sono state modificate; ciò porta quindi a ritenere che, in base alla legge, anche le norme del DM debbano essere considerate come “istruzioni di massima”.

Nonostante quanto sopra, tuttavia, il tenore letterale delle norme contenute nel DM in esame non pare compatibile con la definizione di “istruzioni di massima”, ma appare invece più consono a disposizioni volte ad imporre limiti minimi, ai quali i regolamenti locali dovrebbero adeguarsi.

Non solo, ma la giurisprudenza, seppur in tema di condono edilizio, ha avuto anche modo di affermare che le disposizioni di cui al D.M. 5.7.1975 integrano “… una normativa di rango primario in virtù del rinvio disposto dall'art. 218 del R.D. 27.7.1934, n. 1265, e pertanto, diversamente dalle disposizioni integrative e supplementari portate dai regolamenti comunali di igiene (espressione di esigenze locali e comunque non attuative di norme di legge gerarchicamente sovraordinate), anch'esse - al pari delle disposizioni in materia di sicurezza statica e di prevenzione degli incendi e degli infortuni - siano inderogabili in sede di rilascio del certificato di abitabilità a seguito del condono” (T.A.R. Liguria sez. I, 23/03/2012, n. 422)

Stando a quanto sopra affermato dalla giurisprudenza, pertanto, essendo il DM una norma di rango primario, la stessa non potrebbe essere modificata da una norma regolamentare, che come tale è classificabile di rango secondario.

Detto ciò, occorrerebbe chiedersi se il regolamento edilizio di Milano possa effettivamente essere considerato in contrasto con il DM, per il solo fatto di avere previsto la possibilità di progettare stanze da letto singole e/o matrimoniali di dimensioni leggermente inferiori rispetto a quanto previsto dal DM stesso.

Infatti, tenuto conto che gli altri parametri dimensionali relativi dell’unità immobiliare (altezza interna e superficie minima complessiva) fissati dal regolamento e dal DM parrebbero essere allineati, potrebbe essere non scontato che un giudice investito della questione possa rilevare la sussistenza di un contrasto tra la norma primaria e quella secondaria tale da giustificare l’annullamento di quest’ultima.

Alla luce di tutto quanto sopra, pertanto, non può che concludersi che la questione sia tutt’altro che chiara e che potrebbe essere risolta solamente o con l’intervento della magistratura o con l’emanazione di nuove disposizioni che chiariscano gli oggettivi dubbi interpretativi.

 

Aggiornato al 11/01/2021